Non credereste mai dove può arrivare la sua creatività. Taglia, cuce, incolla, ricama, ricicla. La materia prima dei suoi lavori è la carta: da parati, da imballaggio, di giornali, carta crespa o riccia. Ma anche carta regalo, carta delle uova di pasqua, dei fiori, dei confetti, delle confezioni dell’acqua, dei pannolini.
Gilda Domenica vive a Caltagirone, in una piccola casa-laboratorio vicino la monumentale scalinata di Santa Maria del Monte.
Oggi ha 79 anni e da sempre le sue mani tengono l’ago per intrecciare i fili della sua vita. Una vita fatta di carta, di plastica, di stoffa, di piccoli residui.
Inventa e realizza abiti stranissimi con qualsiasi cosa le capiti di avere tra le mani. Poi li indossa e immortala se stessa nell’obiettivo della macchina di un fotografo professionista del paese che monta un set apposta per lei. È quello il momento in cui Gilda si realizza di più. Quando vede il suo corpo agghindato con le sue eccentriche creazioni. Adora la fotografia perché le consente di mantenere memoria di sé. È la testimonianza della sua performance.
Inventa abiti di ogni sorta. Prendono forma anche da sacchi di patate e cipolle, da quelli della spesa. Da bicchieri, piatti, posate, bottiglie di plastica, tovaglie e tovagliolini da tavola, tende, copri divani, campioni di ogni sorta di tessuto. E ancora pacchetti di sigarette, gusci delle lumache e delle cozze, tappi di bottiglia, conchiglie, palle, perline e bottoni. Ogni abito ha i suoi accessori: cappelli, scarpe, orecchini, bracciali, collane, borse, guanti e ombrelli. Rigorosamente abbinati.
Dai colori sfavillanti; rosa, verdi, gialli, bianchi, azzurri sono quelli che predilige. Un’esplosione di tinte, un trionfo di vivacità e allegria.
Gilda non compra niente e non butta niente. Ricicla, riutilizza, trasforma ogni sorta di materiale. Gli dà un’altra occasione, un nuovo valore.
Crea come respira: senza un piano, senza un progetto. Non sa cosa realizzerà fino a quando le sue mani non si impossessano dei suoi bizzarri ornamenti. Non sa prima il tema delle sue invenzioni. Sono spontanee, istintive.
Non gira per le strade del paese abbigliata nei suoi strani panni, perché teme che la gente la giudichi pazza. Ma, nello stesso tempo non si veste solo per sé stessa.
Quando anni fa andai a intervistarla, mi aprì la porta vestita da damigella con la stoffa presa dal tessuto damascato di un divano. In genere però aspetta il Carnevale, l’Epifania e il Natale per vestirsi, occasioni in cui può giustificare le sue trasformazioni agli occhi del paese.
Utilizza i suoi vestiti per comunicare dei messaggi. Sono ironici quando scrive “Vendo giornali” su un abito interamente realizzato con fogli di quotidiani o “Autunno” su un altro ricoperto da gusci di lumache. Sono sociali quando scrive “Oggi si guarda solo denaro” su un vestito composto dalle confezioni dei pannolini Pampers. Quando invece si è vestita da pittore, sulle spalle appariva il nome di Raffaello. Un’altra volta si è agghindata da sposa o da giovane donna con la minigonna che ricorda tanto “la vecchia imbellettata” di Pirandello.
Non ripropone mai le sue creazioni. Utilizza ogni abito solo una volta. Giusto il tempo di immortalarlo. Poi lo conserva con cura o al massimo lo trasforma, lo colora, lo modifica con nuovi ornamenti.
Fa tutto da sola. Non vuole svelare i segreti del suo mestiere. La sua è una passione, un divertimento, un hobby. In fondo è quello che ha sempre fatto.
Nasce da papà musicista e mamma sarta, passa l’adolescenza tra note e merletti in una casa in cui i maschi suonano nella banda del paese e le femmine aiutano la madre in sartoria. Oggi, vedova e con i figli lontani da Caltagirone, Gilda non lega rapporti con nessuno.
Così nelle sue notti in solitudine prende l’ago in mano e riempie il vuoto della sua stanza, realizzando abiti che solo lei ha il privilegio di indossare. E’ la modella di se stessa.
L’unica sua paura? Che i suoi vestiti vadano persi con la sua morte. Già il MACC di Caltagirone ne espone una parte nella sua sezione di Art Brut. Ma Gilda vorrebbe donarli tutti. Forse è per questo, che in onore di chi va da lei a guardare le sue creazioni, allestisce con cura la casa come se fosse un museo.